Recenzione tratta da Mymovies.it
Angelo
è un giovane carrozziere che accumula beni, Alberto uno sceneggiatore di
successo che spreca parole. Colpiti al cuore da un infarto e dalla vita, vengono
ricoverati nella stessa notte e nella stessa clinica. Vicini di letto e lontani
di mondi, Angelo e Alberto scoprono una zona franca, dove scambiarsi emozioni,
ricaricare il cuore e risollevare lo spirito. Angelo, padre di due figli e
marito innamorato di Rossana, organizza il disagio seguito alla malattia,
Alberto, fidanzato senza più voglie di Carla, esplora la sua infelicità e cerca
parole per raccontarla. Dimessi dalla clinica, la casa di Angelo diventerà
l'officina in cui mettere a punto il motore, il ricovero dove il Pigneto
incontra la prima circoscrizione, il laboratorio dove lo scrittore ritrova la
curiosità sincera di un'osservazione partecipe.
Se
Mignon è
partita,
Verso sera,
L'albero delle
pere e
Lezioni di
volo misuravano gli intervalli fra generazioni e le irriducibili
incomprensioni fra padri/madri e figli/figlie,
Questione di cuore confronta e incontra la stessa età. Da una parte
il disagio agiato di uno sceneggiatore gaudente, dall'altra l'accomodante
accomodare di un carrozziere familista. Francesca
Archibugi, impartita la lezione a due acerbi sprovveduti che hanno
rinunciato volontariamente a ogni impegno intellettuale, "rientra" dall'India
nel paesaggio italiano, più peculiarmente romano e ampiamente frequentato dalla
sua filmografia.
Rincasa con un un'amicizia al maschile che diventa il pretesto per interrogarsi
e indagare il rapporto tra realtà e scrittura. Esplorando la storia di due
uomini di diversa estrazione culturale, attaccati ai reciproci pregiudizi di
classe ma uniti dall'esperienza drammatica trascorsa nel reparto di terapia
intensiva di un ospedale romano, la regista affronta le sue personali
inquietudini riguardo alla crisi sociale e culturale del nostro paese. Storia e
cronaca non entrano nel film se non attraverso "finestre aperte" sulla borgata e
finiscono per riflettersi in maniera decisiva sulle esistenze e sui vincoli
affettivi (e di classe) dei protagonisti.
La vita colpita al cuore abbatte il rapporto di asimmetria sociale, determina un
cambio o una liberazione nel modo in cui i "soggetti a rischio" si relazionano
col mondo: l'aria da divo di Alberto, che consuma nel suo grande appartamento
gli ultimi scampoli di un'ormai tramontata agiatezza, e il proletario senso
pratico di Angelo, che ha cresciuto due figli e farà amorevolmente fronte
all'inettitudine dell'amico. Nonostante la società abbia costruito fra di loro
una barriera invalicabile, la necrosi del cuore li ha uniti, allentando i ruoli,
aprendo la possibilità di guardarsi in modo diverso e progredendo verso una
reciproca comprensione.
Se l'Archibugi è indubbiamente abile a descrivere le sfumature del comportamento
dei suoi personaggi, la raffinatezza di Questione di cuore
si deve in grande misura all'interpretazione di
Antonio Albanese e di Kim
Rossi Stuart. Il primo mostrando la vulnerabilità che si cela sotto la
superficie caustica, il secondo mantenendo una presenza più discreta e
distaccata, ma non meno capace di suscitare venature di intenso sentimento. La
storia di Alberto e Angelo invita lo spettatore a contemplare, nel contesto di
due vite (stra)ordinarie, i paradossi dell'amicizia, il vincolo di necessità e
di affetto sincero che la patologia cardiovascolare e la malattia esistenziale
hanno stabilito.
Questione di cuore è la registrazione dell'attività
elettrica ed emotiva di cuori affini che hanno sfidato il dolore senza
bypassarlo? Questa è la domanda. Parola di Antonio Albanese.